Crema, 27 novembre 2019

(piero carelli) Vi è chi all’estero ha raggiunto traguardi professionali lusinghieri (è il caso - l’abbiamo visto - della prof. Francesca Cornelli che è stata chiamata, dopo anni di insegnamento a Londra, a presiedere, negli Usa, una delle scuole di economia più prestigiose al mondo), ma vi è pure chi a risultati di tutto rilievo è arrivata anche rimanendo in Italia (seppure dopo una full immersion all’estero). Parliamo della ricercatrice Ileana Zucchi, cremasca doc, ex braccio destro del padre del Progetto Genoma, il prof. Renato Dulbecco, e ora prosecutrice dei suoi studi e delle sue scoperte.

Un ruolo di primo piano che ha conquistato in seguito a un lungo percorso: prima ricercatrice precaria presso la Statale di Milano, poi un’esperienza importante a Liegi, in Belgio, presso un laboratorio tra i primi al mondo a mettere in atto nuove metodiche che consentono di correlare biologia e comportamento, nella fattispecie le diverse reazioni biologiche di animali di fronte a difficoltà impegnative. La svolta nel 1986 quando il premio Nobel Renato Dulbecco, con un editoriale sulla rivista Science lancia il Progetto Genoma che riscuote subito una risonanza mondiale e conquista l’adesione dei più quotati scienziati di tutti i continenti. Ileana Zucchi fiuta la grande occasione e gioca tutte le sue carte per entrare nel pool di ricercatori del Cnr e ci riesce. La prima tappa è a Napoli, presso l’Istituto di Genetica Biofisica del Cnr di Napoli, uno dei pochi laboratori attrezzati per la sperimentazione sul Genoma. Poi l’avventura statunitense, presso la Washington University di Saint Louis (la stessa università dove aveva operato Rita Levi Montalcini – altro premio Nobel) dove rimane dal 1989 al 1992. Qui trova un laboratorio con un’organizzazione tipicamente americana: senza gerarchie e con ricercatori delle più svariate discipline tutti protesi alla soluzione di problemi. E qui conosce il prof. Dulbecco. Anni intensissimi, 14-15 ore al giorno di laboratorio, inclusi sabato e domenica. Rientrata in Italia, nel 1994 conclude il progetto su cui sta lavorando da anni: il mappaggio e il sequenziamento di un frammento del cromosoma X (banda Xq27), risultato che viene pubblicato nel ’95 sulla rivista Genomics.

A Milano inizia un vero e proprio sodalizio (un privilegio per lei) con Dulbecco con cui collabora, gomito a gomito, fino al 2012, l’anno della scomparsa dello stesso. Da allora è lei che continua la ricerca. L’obiettivo: scoprire quale sia la signature delle cellule malate (ad es. cancro) in modo da poterle riconoscere per la presenza di marcatori specifici diversi da quelli delle cellule sane e riprogrammarle facendole tornare indietro a cellule sane.

Una vita dedicata intensamente e interamente alla ricerca. Ileana Zucchi è di sicuro soddisfatta (soddisfatta anche nel vedere i risultati delle sue ricerche, rigorosamente in inglese, su riviste specializzate, tra cui Genome Research, Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America), ma non manca di esprimere qualche preoccupazione perché il gruppo di ricerca che dirige può operare solo grazie a degli sponsor (finora ha usufruito della sponsorizzazione di agenzie e fondazioni come Telethon Airc e Fondazione Cariplo). Di sponsor, poi, ha particolarmente bisogno oggi che sta allestendo una Fondazione ad hoc.

La lotta contro il cancro ha già dato buoni risultati, ma c’è ancora molto da scoprire. E lei, con la sua équipe, ce la metterà tutta. Una missione, la sua.


Nelle foto, Ileana Zucchi con i colleghi del laboratorio di Napoli (ultima foto)