Crema News - La riflessione di don NataleGrassi Scalvini Crema News

IV Domenica ordinaria C

La Parola: Ger 1,4-5.17-19 Sal 70 1Cor 12,31-13,13 Lc 4,21-30:

+ Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù cominciò a dire nella sinagoga: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato». Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?». Ma egli rispose loro: «Certamente voi mi citerete questo proverbio: “Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fallo anche qui, nella tua patria!”». Poi aggiunse: «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elìa, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elìa, se non a una vedova a Sarèpta di Sidòne. C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro». All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino.

La conclusione della manifestazione di Gesù a Nazareth, inspiegabilmente divisa in due parti dai nostri liturgisti, ci presenta una grande novità, anticipando una situazione che si ripresenterà anche alla fine del Vangelo. L’autoproclamazione messianica di Gesù, il figlio di Giuseppe, conosciuto da tutti i presenti come un buon falegname, viene rifiutata e perfino derisa. C’è mancato poco che tutto finisse con un capitombolo da una roccia con conseguenze inimmaginabili non tanto per la salute di Gesù quanto per la salvezza del genere umano. Il Vangelo sarebbe finito subito, più o meno come un libro di storia al tempo dell’uomo delle caverne… quattro righe e basta. Ma non credo ci sia molto da scherzare. Purtroppo quanto è successo a Nazareth si è ripetuto molte volte nei secoli successivi e anche ai nostri giorni. Forse quelli che rischiano di più siamo proprio noi, perché siamo quelli che credono di conoscere già abbastanza Gesù e quindi possono addirittura permettersi il lusso di controllare e verificare se le sue pretese sono valide e se corrispondono davvero alle nostre attese di salvezza. Ci comportiamo proprio come quei genitori, di cui ogni tanto sentiamo parlare in cronaca, che pretendono di giudicare gli insegnanti dei loro figli e magari dar loro delle lezioni di vita. Perché noi siamo quelli di casa, quelli che hanno tutti i diritti, perchè gli stranieri sono gli altri. Quanto bisogno abbiamo invece di una buona dose di umiltà, anzi in quantità industriale, per poter di nuovo metterci alla scuola del vangelo, approfittando magari delle iniziative che anche in parrocchia o in diocesi ci vengono offerte per conoscere meglio la parola di Gesù e i libri della sacra scrittura. Ovviamente non basta una conoscenza di fatti, luoghi o date, quanto basta per non fare figuracce ai quiz televisivi. Il Verbo, la Parola di Dio si è fatta carne, uomo come noi, e quindi si tratta soprattutto di un incontro con una persona, e con la sua straordinaria vita. Quante volte diamo la colpa della nostra mediocre e fragile testimonianza cristiana alla nostra debolezza o al peccato mentre forse tutto parte proprio da una scarsa confidenza con la persona di Gesù e la sua parola. Purtroppo anche i sacerdoti spesso parlano di Gesù solo per lavoro e invece dovremmo tutti preoccuparci di una conoscenza più intima e profonda, per intenderci non al livello dei social o del telefonino, per poter assaporare la verità che lui ha da dirci sul significato della nostra vita per poterla poi donare con consapevolezza per il bene di tutti. Tante volte temiamo che il Signore ci abbandoni e ci lasci soli, specialmente nei momenti in cui abbiamo più bisogno. Ma in realtà dobbiamo aver paura piuttosto della nostra superficialità e che lui, passando ancora in mezzo a noi, si rimetta in cammino per la sua strada… senza di noi.

Nella foto, don Natale, autore della riflessione