Crema, 25 settembre 2016

XXVI Domenica Tempo Ordinario

La Parola: Am 6,1.4-7 Sal 145 1Tm 6,11-16 Lc 16,19-31

L’insistenza con la quale Gesù ci parla del ruolo negativo delle ricchezze nel nostro cammino di preparazione per l’incontro definitivo con Dio ci fa riflettere parecchio sulla nostra situazione. In effetti noi dobbiamo considerarci dei ricchi. Anche perché ovviamente le ricchezze a cui si riferisce il Maestro non sono solo quelle finanziarie o di beni materiali. Specialmente noi quindi possiamo ritenerci ricchi per i doni della natura, per la ricchezza della nostra storia e cultura, per le capacità intellettuali e tecniche che ci permettono di trasformare in meglio il nostro mondo. Proprio per questo corriamo il rischio di sentirci tante volte superiori agli altri e sempre più sicuri di essere a posto, di poterci arrangiare da soli di avere in mano le redini della nostra vita. E tutto questo ci sembra buono, anzi molto buono e giusto. Chi di noi vorrebbe vivere nell’indigenza materiale o nella dipendenza da altri? La nostra società ci vuole tutti emancipaci, autonomi, tremendamente individualisti, capaci di affrontare tutto da soli. Anche se poi sappiamo che questa pretesa, impossibile da realizzare sempre e comunque per tutti, genera in ognuno di noi, chi più chi meno, delle conseguenze negative sulla salute fisica e psichica, causando tante sofferenze e malessere. Ed è incredibile come l’uomo, anche quando è nella ricchezza di beni riesca a soffrire anche solo per la paura di perdere ciò che ha. Sicuramente la situazione irreparabile che alla fine della vita ci preclude ogni rapporto con l’amore di Dio Padre, secondo Gesù è ancora recuperabile negli atti quotidiani della nostra esistenza. Anche se si presentano in forme diverse lungo la storia, il povero e l’indigente si trovano qui, alla nostra porta e sono un richiamo vivente alla necessità di credere alla parola di colui che è risorto dai morti come anche a tutte le parole che Dio da tanti secoli rivolge ai suoi figli. Rendere grazie a Dio per tutti le ricchezze a noi donate è il primo passo, ma subito seguito dall’impegno quotidiano a saperci servire di questi beni per andare incontro all’amico Lazzaro che attende da noi un segno di condivisione e un aiuto concreto per la sua promozione umana. Gesù non chiede a tutti di scambiare i ruoli, come ha fatto lui, che da ricco che era si è fatto povero per noi, e come ha fatto s. Francesco o s. Teresa di Calcutta, ma di metterci tutti in cammino verso il regno, pronti a dare una mano concreta ai fratelli che ci stanno vicini.

Nella foto, don Natale sul Pizzo Arera